Oggi vi sottopongo un’altra questione sulla quale sto ragionando da un po’.

Ho dato questo titolo all’articolo perché credo che la figura del SMM, come la siamo abituati a vedere, debba evolversi. 

Non parlo per chi ricopre questo ruolo per grandi aziende, quanto chi cura le pagine social di piccoli imprenditori e professionisti.

Mi è sempre piaciuto definire questa figura come la punta di un iceberg che, al di sotto dell’acqua, nasconde tutto il lavoro di una squadra (grafico, videomaker, copywriter, Adv strategist) anche se, in mooolte realtà, il SMM fa squadra da solo.

Quand’è che un imprenditore o un professionista oggi si rivolge ad un social media manager? Quando si ritrova di fronte al problema di comunicare il proprio prodotto o servizio sui social, con la speranza che questo gli faccia aumentare a dismisura il fatturato.

Esiste già tutto e tutto già c’è in abbondanza. L’unica cosa che può differenziarci dagli altri siamo noi stessi. Questa è l’unica cosa che non potrà mai rubarci nessuno.

Una delle situazioni che mi trovo spesso ad affrontare è essere chiamata da piccoli imprenditori, professionisti, o artigiani, operanti ogni volta in settori diversi, che pretendono che io gli metta in piedi la campagna social del secolo, così, con quelle quattro foto dell’ufficio o del prodotto che si sono fatti fare dal nipote o dall’amico pseudo fotografo con la camera del cellulare tutta impiastrata di sudicio. Questo perché non vogliono spendere.

Sperano che io gli crei un piano editoriale fatto e finito con il linguaggio tecnico adeguato con cui comunicherebbero i professionisti dello stesso settore o che addirittura proponga io degli argomenti.

Non è che non si fa, si fa. Soprattutto quando all’inizio della propria carriera il SMM cerca di accontentare il cliente a tutti i costi. Il problema è che non è possibile chiamare un freelance e gettarlo in mare senza salvagente. Dalla medicina al food, dalla cura del corpo al turismo. Il social media manager non è un tuttologo.

E’ un percorso che deve essere fatto insieme (SMM – piccolo imprenditore) anche perché non capisco che tipo di contenuti interessanti possono sperare di ottenere da una persona che, anche potendosi formare con riviste, libri ecc… sul settore, non potrà mai, nel giro di qualche settimana, acquisire il linguaggio e l’esperienza che solo un percorso di vita in un determinato settore può dare.

La domanda che il piccolo imprenditore si deve fare è voglio rimanere a galla o voglio emergere?

Arrivati a questo punto della storia e considerando il punto di maturità a cui è arrivato il mercato, non si può ignorare la realtà. Se noi che facciamo questo lavoro non educhiamo il cliente a mettersi in testa il fatto che per attirare attenzione la gente, il pubblico, il suo potenziale cliente, lo vuole vedere, non uscirà mai fuori dall’acqua.

Le persone vogliono sapere chi c’è dietro ad un prodotto. Sono curiosi di conoscere le emozioni di chi c’è dietro ad un determinato servizio, la vita che fa, le sue passioni. Non dico che il medico o il dentista debbano imparare a fare il grafico o l’editor di video, ma il public speaking quello sì. Sapersi raccontarsi nelle stories di Instagram o in un video su YouTube è vitale.

Se la risposta è il cliente vuole emergere la frase ma io non ho tempo, non deve far parte del loro vocabolario. Ma io mi vergogno, non si può sentire.

Noi SMM possiamo realizzare per i loro profili social tutti i post scritti o post con foto che vogliono, ma il linguaggio paraverbale (quello che fa emergere il tono di voce, i gesti, il ritmo delle parole e che li fa entrare in empatia con il pubblico) emergerà solo attraverso i video.

Il linguaggio paraverbale è e rimarrà l’unica cosa in grado di distinguerli dagli altri.

Allora è evidente che quel 20% di sforzi necessari ad ottenere l’80% dei risultati non si possono ridurre a dare degli input al SMM che gli permetta di generare un output quale un reel, un post o un carosello.

Il piccolo imprenditore deve investirli a studiare come essere più disinvolto in camera in modo tale che mano mano si ridurrà il cestino della galleria destinato a video venuti male.

Deve investirli nello scrivere contenuti autentici in modo tale che il SMM possa poi estrarne dei pezzi o delle frasi da riportare in un post.

In virtù di queste convinzioni e in virtù del fatto che mi sono un po’ stancata di sentirmi chiedere di seguire le pagine social di professionisti e poi essere abbandonata a me stessa, credo che il SMM debba diventare piuttosto un Social Media Coach che aiuta l’imprenditore a diventare il prodotto di sé stesso.

C’è chi questo, come Marketers già lo fa con le celebrities ad esempio, ma credo sia importante far capire anche ai piccoli che il sistema Professionista->SMM->Pubblicazione non sia più sostenibile.

Credo, piuttosto che la figura del SMM come la siamo stati abituati a conoscere fino ad ora abbia senso all’interno di aziende più complete nella struttura.

Un SMM e un Adv strategist sono le figure essenziali per comunicare al meglio sui social, meglio ancora se aiutati da un grafico e un videomaker.

Più accumulo esperienze da freelance e più mi convinco del fatto che le grandi aziende debbano avere il proprio reparto comunicazione da tenere ben saldo al loro interno così da nutrirlo di giorno in giorno di storie da raccontare.

No, non mi sto candidando per entrare a far parte di un team di comunicazione di un’azienda 🙂 per il momento voglio rimanere freelance e sperimentare la pratica da SMC che ho iniziato ad avviare con alcuni clienti.

Le aziende investono milioni di euro in figure chiave come: il responsabile di produzione, commerciale e così via, perché non investire anche in figure chiave come quelle citate prima?

Capite ora perché il SMM come lo siamo abituati a pensare non ha più senso di esistere, ma anzi rischi di appiattire la comunicazione dei propri clienti se abbandonati a sé stessi?

Flusso di lavoro del SMM dopo il Brief con il professionista
Come dovrebbe essere il flusso di lavoro del nuovo SMM -> SMC

Questo è il semplice schema che dovrebbe rappresentare la nuova fluidità di lavoro tra professionista e Social Media Coach. Il 20% che il professionista impiega nell’occuparsi della comunicazione deve ripartirsi tra il confronto con il SMC che, dopo un attento brief, studierà la strategia più adatta per il proprio cliente, e l’impegno nello svolgere i compiti suggeriti dal SMC, rielaborarli, farli propri e comunicarli.

Se nello schema 1 era sempre e solo la figura del SMM ad applicarsi nella pratica della pubblicazione, ora sono due i soggetti che se ne dovrebbero occupare.

Cosa dovrebbe pubblicare il professionista? Dovrebbe occuparsi sia della realizzazione delle Stories, sia della creazione della bozza dei contenuti del blog che poi il SMC rielaborerà al meglio.

Come la vedi la cosa? Anche i tuoi clienti ti propongono la scusa della mancanza di tempo o del fatto che si vergognano? Credi che, andando avanti, sia sostenibile questo tipo di atteggiamento?

Fammi sapere la tua nei commenti!

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